RACCONTI TRANSPORTERGHEN ( 1° CAPITOLO )
Comprai un vecchio VW Trasporter del 1988 non era messo
benissimo ma era ancora funzionante, il vecchio proprietario era un professore
di educazione fisica che dopo anni di chilometri fatti non aveva più forze per
sistemarlo e intraprendere un altro viaggio così lo contattai e dopo diverse
trattative lo portai finalmente in garage per sistemarlo. Io e mio zio lo
smontammo completamente e dopo aver fatto le riparazioni dovute lo cominciammo
a ricostruire piano piano, pezzo dopo pezzo, ora dopo ora e alla fine riuscimmo
a completarlo proprio come un bambino incastra ogni pezzo del suo amato puzzle.
Ricordo ancora la prima volta che accendemmo il motore, dopo aver messo
l’ultima goccia di gasolio girai la chiave e dopo qualche singhiozzo iniziale
ogni sua singola parte prese vita, iniziò a suonare proprio come un maestro
d’orchestra fa con la sua orchestra. Feci un primo giro di prova sulla strada
davanti a casa tra un traffico enorme, il vecchio Toppeghen (così lo chiamai dopo
averlo sentito suonare) si fece largo tra le auto, lo si notava subito in
quanto ad ogni marcia, dalla marmitta, usciva una quantità di fumo nero che
anche l’amata Londra si sarebbe inchinata davanti a tanta e fumosa grazia. Dopo
aver dato gli ultimi ritocchi e messe a punto il Toppeghen era pronto,
fiammante, bianco come la più bella sposa davanti all’altare e non vedeva l’ora
di macinare chilometri e chilometri di asfalto nazionale e internazionale. Io e
gli atri amici lo mettemmo subito alla prova, decidemmo di andare a Pistoia per
il Pistoia Blues. Fatti tutti i bagagli e pronti per partire, inserì la marcia
e partimmo per uno dei viaggio più veloci della storia. Dopo circa due ore di
viaggio e dopo una salita sulla superstrada improvvisamente la temperatura e la
sua lancetta stavano ballando la Macarena su e giù senza più indicare quale
fosse il minimo o il massimo. Solo una minuscola spia di colore rosso ci fece
fermare, il motore stava letteralmente bruciando, decidemmo di accostare in
un’area di servizio e spengere il motore. Scesi dal Toppeghen, eravamo immersi
in una nuvola di vapore come in una sana finlandese io aprì il vano motore e mi
abbronzai come in un giorno di Ferragosto sotto il sole torrido, il vapore mi
aveva colpito in pieno, feci un passo indietro e capì subito che si era
surriscaldato tutto persino i sedili divennero riscaldabili. Decidemmo così di
pranzare e di far calare la temperatura in quel meteorite con le ruote e vedere
come sarebbe andata dopo che si fossero calmate le acque. Mettemmo di nuovo in
moto quel furgone e sembrava che tutto fosse tornato alla normalità ma dopo
altri cinque chilometri di quella insormontabile salita il Toppeghen cedette
ancora, non potevamo che arrenderci e tornare indietro (fortunatamente sarebbe
stata solo discesa) e così facemmo. Arrivati a casa la prima cosa fu capire che
cosa scatenò quell’infermo (come nel film Il Gladiatore), dopo alcune ore
capimmo che la ventola del motore non raffreddava cosi tanto e la temperatura
saliva in modo esponenziale. Decidemmo io e mio zio di metterne una in più da
azionarla in modo autonomo, solo quando le salite fossero diventate come una
via sul K2. Sherpa a parte montammo il tutto in pochi giorni e dopo aver
collaudato il nuovo impianto decidemmo di metterlo di nuovo alla prova per una
nuova impresa degna di Overland.
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